primo aprile, pandemia in corso

E così, siamo ancora fermi e chiusi in casa.
Con le solite specifiche tutte italiane (ah, ma no, i bambini potete portarli fuori... a 200 metri da casa - in prossimità della casa - solo con un adulto - a un metro e mezzo di distanza - meglio due - poco tempo - anche di più - anche meno... ).
Cominciano le differenze, tra chi ha visto un parente o un amico o l'amico di un amico morire e chi invece no.
I primi tacciono e si adeguano scrupolosamente alle indicazioni. E quando proprio non ne possono più scelgono il supermercato un pizzico più lontano, per fare due passi e allentare la tensione.
Gli altri invece fanno sofistiche distinzioni sulla durata e sulla rigidezza delle restrizioni, lamentandosene o (peggio) lamentandosi della poca rigorosità altrui.
Così chi è intimorito si lascia prendere in un gorgo di preoccupazioni, e chi è irritato si innervosisce ancora di più. Vive bene solo chi lascia scorrere tutto.

Ma mica è sempre facile, lasciar scorrere.

Intanto arrivano le notizie dall'estero. La mia compagna di banco di un tempo ha fatto i conti in questi mesi con una malattia complicata e invasiva, combattuta a suon di chirurgia, e me la racconta ora, a cose ampiamente fatte, a sottolineare come in realtà i legami siano lassi.
L'altra cara amica del tempo che fu ha compiuto gli anni, e io me ne sono dimenticata. Era un compleanno di passaggio, e io non mi sono accorta del passaggio, per lo stesso motivo. Legami lassi.

Io sto pensando che se qualcosa viene da questo tempo sarà un tatuaggio, probabilmente. Passano i giorni e l'idea mi convince sempre di più. Ma se prima era un segno che doveva inglobare un segno della bambina che ero, oggi sento che no, forse no: non ho bisogno di ricordare chi ero, devo mettere in chiaro chi sono.

Mi sembra una buona base.
...e intanto il lockdown continua...

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