tra una settimana, un anno


Tra una settimana sarà un anno da quei tredici minuti che hanno cambiato molto. Non tutto, ma molto. E siccome le ricorrenze fanno paura, in questi giorni si litiga. O meglio, non si litiga, ma ci si urta più facilmente, si cerca di svicolare, si scappa anche un po', e si soffoca anche un po'. Alternativamente, uno e l'altra.

In questi giorni mi accorgo che la primavera mi innervosisce. Non è la mia stagione. Questo fermento fastidioso non mi aiuta a mantenere lucidità e serenità.
E come se non bastasse sono circondata dalla morte, in questi tempi, e scappo spaventata da quelle che saranno le morti a me vicine. Spero di non averci a che fare, ancora per molto. Eppure lo so, che è una speranza vana. Ma non riesco a venire a patti con questa idea dei genitori che invecchiano e della vita che cambia e delle cose che vanno avanti.

Domani sono nove anni dalla morte della nonna Ottavia. Mi manca ancora, a volte, e a volte in modo lancinante. Mi manca anche il mondo di cuginanza che c'era quando c'era lei, e che si è lentamente disgregato senza quasi lasciar traccia.
Oggi è morto don Antonio. Era un omone dalla voce bassa e dallo sguardo buono. L'ho frequentato poco, ma era - per quel che ho visto io - una persona pulita, un uomo buono. Mancherà tanto anche lui.
Ieri è morto il papà di Lorenza. Lei sta usando, per quel dolore, le parole che io non saprei scrivere. E insomma, fa male anche questo.
E mi vergogno a scrivere certe banalità, ma forse l'essere cresciuti è anche fregarsene della banalità delle parole, e andare alla saggezza che sta dietro. Il tormento è per chi rimane, non per chi se ne va.

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